Conosciuto anche sotto il nome di “rosa di Natale”.
Attorno a questo fiore in apparenza candido, del colore della neve, sono nate molte leggende. Si racconta che un pastore di nome Melampo, indovino e guaritore, avendo osservato che le proprie pecore, si purgavano mangiando l’elleboro, pensò di somministrare lo stesso alle figlie del re di Argo, Preto. La pazzia aveva colpito le giovani principesse, esse credevano di essere diventate vacche. Melampo le guarì, come ricompensa ottenne il titolo onorifico di “purgatore”una parte del regno di Argo e la mano di una delle principesse.
Gli antichi greci ricorrevano alla frase “aver bisogno dell’elleboro” per indicare i folli, in quel tempo molti malati di mente si recavano ad Antycira, nel golfo di Corinto, che era località rinomata per la vegetazione ricca di elleboro , luogo consigliato anche dal poeta latino Orazio. Racconta la leggenda che Eracle fosse stato guarito dalla pazzia proprio grazie a questa pianta. Pare che gli antichi filosofi ricorressero ai principi di questa pianta per raggiungere uno stato ipnotico, molto simile alla meditazione profonda.
Un uso particolare ne fece Paracelso che usò le foglie dell’elleboro per la preparazione di un “elisir di lunga vita”.
Gabriele D’Annunzio, ne “La figlia di Iorio”, lo cita:«Vammi in cerca dell’Elleboro nero, che il senno renda a questa creatura».
Anche gli inglesi hanno la loro leggenda in merito all’Elleboro, pare che spargendo la polvere della radice mentre si cammina, questa abbia il potere di rendere invisibili.
Nell'antichità classica veniva utilizzata per curare la follia (la mitologia greca racconta che fu usata con ottimi risultati su Ercole, reso pazzo dalla persecuzione di Hera) e le donne particolarmente esuberanti (ninfomania). Interessante notare il breve passaggio dall'uso terapeutico su femmine esagitate e la successiva definizione di questa pianta quale "pianta delle streghe", menzionata in numerosi saggi e trattati sull'argomento.
Sempre allo scopo di tenere a freno l'esuberanza sessuale delle donne, l'elleboro veniva mescolato nelle ricette magiche con vulvaria, camomilla, lattuga velenosa (tridax agria, di cui parla anche Ildegarda di Bingen), canfora e valeriana.

E’ una pianta della famiglia delle Ranunculaceae e conta ben 250 specie erbacee tra piante annuali, biennali e perenni. Grazie alle lunghe spighe floreali in tonalità brillanti, è perfetta per decorare le aiuole e le bordure…
Il termine “delphís significa “delfino” infatti la forma a sperone (speronella) del fiore ricorda la pinna del delfino.
Il nome delphinium deriva dall’antica Grecia causa la somiglianza della loro gemma con la testa del delfino. La leggenda greca narra che una volta un giovane talentuoso, per celebrare la sua amata, scolpì una scultura e le donò l’anima facendola diventare viva. Ma gli dèi lo trasformarono in un delfino per questa oltraggiosa impudenza.
Ogni notte il delfino nuotava fino alla riva dove arrivava la ragazza, ma i due non si potevano incontrare. Però un giorno il delfino comprese il problema, si mise in bocca un fiore delicato che brillava con luce azzurra. Il delfino si avvicina graziosamente vicino alla riva e mise il fiore sui piedi della sua amata. Il fiore era simile alla testa del delfino.
Un’altra leggenda romana racconta di un uomo che viene salvato miracolosamente da un delfino. Quando i suoi amici decisero di catturare questa creatura, Nettuno lo salva trasformandolo in un fiore: il delphinium.
La specie e la varietà di questo fiore sono sorprendenti. I fiori possono essere blu, blu scuro, azzurro, viola, lilla, bianco ed in combinazione con il colore nero, il bianco, il grigio e la panna, donano a questa pianta un fascino irresistibile. Questo fiore ama il sole e non tollera alcun tipo di ombra, anche se nei giorni più caldi ha bisogno di un po d'ombra per non essere bruciato dai raggi di sole.
Fin dai tempi antichi è stato citato l’uso dei fiori e delle foglie della speronella per preparare infusi aventi proprietà diuretiche, vaso dilatatorie, antielmintiche, antinfiammatorie. L’utilizzo a scopo terapeutico della speronella, però, è stato da tempo abbandonato e le sue proprietà non sono riconosciute dalla moderna farmacologia, pertanto, ormai, è una pianta medicinale quasi completamente dimenticata. Dalla pianta si ricavano anche coloranti e inchiostro blu.

Il nome del genere, attribuito da Teofrasto, è soprannominato “fiore del vento” perché il termine deriva dal greco “anemos” che vuol dire vento. 
Questo soprannome è dovuto anche al fatto che questo fiore è molto delicato ed il periodo di fioritura è molto breve.
Narra una leggenda che Anemone fosse una ninfa della corte di Flora. 
Un giorno Zefiro e Borea s'innamorarono di lei, ma Flora, indispettita, decise di punirla tramutandola in fiore. 
La condanna peggiore fu che era destinato a schiudersi precocemente e subire i venti di tramontana (Borea), ancora freddi, che sparsero nell'aria i suoi petali, così che all'arrivo del venticello primaverile (Zefiro), il fiore fosse già avvizzito. 
Un'altra leggenda narrata da Ovidio, dice che Adone ucciso da un cinghiale, veniva pianto da Venere che l'amava. 
Venere versò una sostanza magica sul sangue dell'amato da cui nacque un fiore, l'anemone. 
Gli egizi ponevano ciotole fiorite all'interno delle piramidi, mentre gli etruschi, lo coltivavano intorno alle tombe. Per Plinio il Vecchio il fiore aveva virtù magiche e raccomandava di cogliere il primo fiorito nell'anno, chiuderlo in un sacchetto rosso di tela e portarlo vicino al cuore per scongiurare malocchio e febbre.
Gli anemoni riuniscono numerosissime specie di piante erbacee, diffuse in natura in Europa, Africa, Asia e nord America. Si tratta di piante di vario genere e molte sono le specie coltivate anche in giardino.
 
Gli anemoni sono fiori dai colori vivaci che, a seconda della specie, possono fiorire in autunno o in primavera.
 
I colori vanno dal bianco al rosso, al viola, al blu ed al rosa. Ci sono anemoni con fiori simili alle margherite ed altri con fiori simili ai papaveri.
 
La fioritura può avvenire a fine inverno, all'inizio della primavera e, per alcune specie, anche a fine estate o inizio autunno. 



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