La rosa canina, antenata delle rose coltivate, è una pianta antichissima, nata più di quaranta milioni di anni fa.
Datano a quel tempo infatti i reperti fossili di questo fiore ritrovati nel Colorado e nell´Oregon.
Un fiore quindi molto resistente, che ha passato indenne secoli e secoli, differenziandosi in varie specie.
Una delle leggende più interessanti, legate a questa pianta, vede come protagonista il dio romano Bacco. Essa racconta che il dio del vino si innamorò di una ninfa e che come era solito fare tentò di conquistarla. Spaventata ella fuggì lontano correndo fino a che non inciampò in un cespuglio che sembrava non volerla lasciare andare. Nonostante i suoi tentativi di continuare la fuga essa venne raggiunta. I due giacquero insieme ed una volta conclusosi l’atto tra i due, Bacco ringraziò il cespuglio trasformandolo in una rosa, con i fiori dal colore rosato delicato, lo stesso delle guance della ninfa.
Fu poi Plinio il Vecchio a diffondere la credenza che il decotto delle sue radici fosse un utile rimedio contro la rabbia trasmessa dai morsi dei cani.
Nel 1700 Linné, attribuì a questa rosa l’appellativo “canina”.
Fin dall’antichità le popolazioni le hanno sempre attribuito un doppio valore. Sono infatti state sempre considerati i suoi fiori per la loro bellezza e per il profumo dei boccioli delle sue rose, ma al contempo la pianta stessa veniva vista con un certo timore per via del suo tronco e dei suoi rami pieni di spine molto appuntite e piccole.
Una simbologia di bellezza e dolore, che all’interno del linguaggio dei fiori si traduce da una parte in delicatezza e piacere, ma dall’altra in sofferenza e dolore fisico. Un quadro che si adatta particolarmente ad un amore tormentato.
Un sentimento di quelli che stritolano il cuore e che se da una parte ti scaldano l’animo, dall’altro spesso sono così difficili da gestire che lo star male è quasi una caratteristica insita.
Questa pianta, attualmente, fa parte dei fiori di Bach e ne viene fatto ampio uso nella medicina naturale attraverso la fitoterapia.